lunedì 16 novembre 2015

Leggo libri per bambini

Ho voluto scrivere questo post per mettere subito in chiaro una cosa: leggo di tutto. Non mi vergogno di niente, neanche di aver letto 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire a suo tempo, che è qualcosa di impresentabile, ma ho letto anche quello.

Un’altra informazione utile su di me: non ho una preparazione umanistica o linguistica alle spalle. Non è una bella cosa: ho avuto pessimi insegnanti alle medie che non sopportavano la mia mania di leggere e scrivere (nei temi) quello che mi pareva e arrivarono addirittura a sconsigliarmi il liceo perché “non avevo la disciplina”. Ironia della sorte, è poi stato dimostrato che avevo abbastanza disciplina per portare avanti una preparazione agonistica da squadra nazionale e l’università, rimanendo in pari con gli esami, ma tant’è, ognuno ha diritto alle proprie convinzioni. Ho frequentato un istituto tecnico e oggi sono una ricercatrice in microbiologia molecolare, un mestiere che amo e di cui non mi pento. Ma amo anche i libri, il mio primo amore, quello che non è mai finito (mi dispiace, marito, sei arrivato dopo). E leggo ancora tantissimo, e quello che mi pare. Questo lo dico un po’ anche per giustificarmi del fatto che a volte sono un po’ ingenua, forse: non sono stata formata ad apprezzare qualcosa “perché è un classico”, “perché è un pilastro della letteratura” o “perché l’ha scritto Bulgakov” (NB: la letteratura russa, in linea di massima, mi piace poco). Un libro mi piace o non mi piace. Col tempo ho imparato, da autodidatta, ad apprezzare aspetti dello stile, del ritmo narrativo, o a distinguere le costruzioni, e ho imparato anche a sforzarmi di riconoscere un merito stilistico in un libro del quale non ho amato la trama o altri aspetti, ma ciò che mi guida, ora come allora è soprattutto l’istinto.
Passo da un harmony a Balzac senza battere ciglio, e a volte mi ritrovo a parlare con quest’ultimo per dirgli che se anche lui si fosse letto qualche Harmony magari i suoi libri sarebbero stati meno “pesanti”.

E mi sono letta tutti i libri di Percy Jackson. La prima e la seconda pentalogia. E anche quelli di Carter Kane. E anche quelli crossover tra Percy Jackson e Carter Kane (shippando spudoratamente Percy-Sadie, lo so, è una vergogna). E adesso mi sono letta anche Magnus Chase e gli dei di Asgard.
Devo vergognarmi, alla mia veneranda età?
Non rispondetemi, tanto non me ne frega niente.
Per scandalizzarvi del tutto potrei anche dirvi che su Percy e Annabeth ci ho scritto pure una fanfiction, prima che uscisse Blood of Olympus. L’ho scritta in inglese però, ero in incognito. In effetti un pochino, forse, mi vergognavo.

Veniamo al punto: qualunque sia l’età scritta sulla vostra carta di identità, leggete i libri di Rick Riordan. Leggete Percy Jackson. E vi spiego il perché.

Beh, per prima cosa, anche se ci vuole poco, sono meglio dei film. Lo so, si dice sempre così, ma questa volta bisogna dire proprio che i film erano sbagliati dall’inizio alla fine, dalla scelta degli attori (il tizio di Grey’s Anatomy facevo Poseidone, e direi che abbiamo detto tutto) alla regia, all’ambientazione… tutto. Scordatevi i film.

Mi sono sentita dire che Percy è una brutta copia di Harry Potter. Ok, non so quali Harry Potter abbiate letto voi, ma forse non sono gli stessi che ho letto io. Chiariamo una cosa: io amo Harry Potter e tutta la combriccola ALLA FOLLIA, ma non è che adesso ogni protagonista teenager che ha qualcosa di “magico” dev’essere una copia di Harry Potter. Ci sono paralleli, come ce ne sono tra Hunger Games e tanti altri libri distopici, e tra mille altri libri che sono diventati famosi pur riprendendo temi già visti, perché… chissà perché, forse perché riuscivano a veicolare il messaggio in modo da arrivare in modo diverso al cuore della gente. Non amo fare confronti spiccioli tra le due saghe, sarebbe come confrontare l’amore che si prova per due familiari, per due amici molto cari. Non posso mettere la saga di Rick Riordan allo stesso livello di quella della Rowling, per il semplice fatto che Harry Potter mi ha cresciuta, sul serio, mentre ho scoperto Percy Jackson in un momento di noia durante la seconda maternità, quando ormai erano usciti sette o otto dei dieci libri totali. L’esperienza che ho avuto con le due saghe è diversa, ma mi sono affezionata a Percy nello stesso, affettuoso e delirante, modo in cui mi sono affezionata a Harry. Ecco, l’ho ammesso. Non amo fare confronti spiccioli, ma cercherò di farne di “intelligenti”, perché mi servono per spiegarvi il mio punto di vista su questi libri.

I primi cinque libri (la serie Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo) sono decisamente da bambini. Non ho intenzione di negarlo. E allora? Harry Potter e la Pietra Filosofale non lo è? Leggo libri per bambini, per ragazzini, per adolescenti… io sono una che quando è in crisi affettiva va a rileggersi “Mel” dei vecchi Gaia Junior! In questi libri Riordan ha uno stile un infantile, è vero, in certi momenti ho anche pensato che con materia prima del genere (una figlia di Atena e un figlio del dio del mare) poteva fare di meglio, sforzarsi di dare loro una verve un po’ superiore a quella di un carciofino. Poi però mi sono resa conto che stavamo parlando di ragazzini di dodici o tredici anni in media, e mi sono ricordata che i ragazzini a quell’età, anche se si credono uomini duri, spesso HANNO la verve di un carciofino, se visti con gli occhi di un trentenne… e tutto è tornato magicamente al suo posto. Andava bene così. Il problema è, forse, che siamo abituate a storie adolescenziali in cui i protagonisti sembrano avere venticinque anni invece di quindici, e quando leggiamo qualcosa in cui un tredicenne si comporta da tredicenne un po’ superficiale, imbarazzato con le ragazze, relativamente imbecille (quale è, nel 90% dei casi) ci sembra quasi strano.

Nella seconda serie (Eroi dell’Olimpo) Riordan, secondo me, fa un salto di qualità: l’intreccio è più imprevedibile, i personaggi più divertenti, un po’ perché sono cresciuti e un po’ perché forse l’autore li gestisce meglio, e le relazioni tra personaggi più avvincenti. Se con la prima serie mi divertivo semplicemente a leggere, qui ho iniziato spudoratamente a fangirlare. Molte di noi libro-compulsive si riconosceranno in Annabeth, così come si sono riconosciute in Hermione… ed eccolo qui! direte voi, un altro parallelo con Harry Potter, l’amica sapientona del protagonista, che ormai quasi quasi è un cliché. No, la somiglianza tra le due finisce lì, nell’intelligenza e nell’amore per i libri. Trascorsi diversi, temperamento diverso, sensibilità diversa, fragilità diversa, diverso rapporto con il protagonista, con il quale la tensione sentimentale si coglie da subito, dal primo libro della prima serie. Vi lascio uno spoiler, che tanto spoiler non è se non vivete fuori dal mondo: Annabeth non sarà impacciata quando sarà il momento di dare una svegliata a Percy, non terrà per sé i propri sentimenti, non aspetterà il mezzo minuto prima dell’ultima battaglia per salvare il mondo. E Percy… beh, vi sfido a non farvi incantare da Percy, da come cresce, da cosa diventa, da cosa sceglie di sacrificare, da quanto sceglie di restare infantile e ridicolo (nel senso di divertente) in piccoli aspetti del suo carattere per bilanciare quelli nei quali ha dovuto crescere troppo in fretta. Ma adorerete anche Leo e il suo sarcasmo, adorerete Jason e Piper e il rapporto di quest’ultima con Annabeth, adorerete Hazel e il suo scurrile cavallo, e adorerete Nico, anche se vi ostinerete a non farlo fino alla fine.

Non sono un’esperta di letteratura greca e romana, perciò faccio fatica a valutare l’effettiva accuratezza con cui l’autore ha trattato la mitologia, ma conosco i miti greci e non ho mai percepito “colossali americanate” (come il modo barbaro in cui gli americani hanno riproposto l’Iliade nel film Troy, per intenderci) leggendo i libri. L’ambientazione (vale a dire il manipolo di dei, semidei e altri esseri che gravitano attorno ai protagonisti) è coinvolgente, “storicamente” sensata, ma modernizzata in modo molto ironico. Ci sono aspetti dello stile di Rick Riordan che mi piacciono davvero molto: la leggerezza è uno di questi, non senti forzature, né nelle descrizioni, che sono sempre brevi ed efficaci, né nei dialoghi che ho trovato anche molto realistici nei toni, considerando l’età dei protagonisti.  Un altro aspetto che amo di questo autore è il modo che ha di prendersi in giro da solo mentre scrive, e prendere in giro i propri personaggi anche tra una saga e l’altra, in modo più o meno velato, offrendo una connessione tra i vari libri che esula dalla trama, che fa scoppiare a ridere il lettore appassionato senza dover scrivere una battuta esilarante.

Fa ridere. Un sacco. Ma non per questo è meno “educativo” della più seria, più toccante, più emotivamente coinvolgente J.K Rowling. I valori che Percy, Annabeth, Jason, Piper e tutta la combriccola perseguono e incarnano sono i più puri che si possano trovare: il coraggio, la responsabilità del potere, la necessità di unire la saggezza all’intelligenza, la forza dei sentimenti puri, lo spirito di squadra… tutto questo è sbandierato in modo semplice, diretto, ma allo stesso tempo in modo poco drammatico. 
Non ho mai pianto leggendo i libri di Rick Riordan: non so se sia un bene o un male. 
Di certo per me, che leggo tanti libri e che posso trovare altrove il coinvolgimento emotivo che magari non ho trovato qui, è stata una bella novità, un modo spensierato, divertente e affettivamente stimolante di trascorrere le settimane successive al parto, quando di emotività in effetti sei un po’ rigurgitante. Non escludo che il periodo della vita in cui ho fatto questa esperienza possa aver influenzato la mia percezione dell’esperienza stessa, in effetti, ma il mio apprezzamento non è sfumato in seguito. Non ho approfittato di una distrazione poi subito dimenticata: ho accolto nella mia vita un nuovo amico, e chissà, magari dopo questa recensione qualcun altro avrà voglia di aprirgli la porta e farsi due risate insieme a lui.




Perché ho scritto questo post adesso, visto che Blood of Olympus, l’ultimo libro della seconda serie, è uscito ormai da un anno? Beh, primo perché mi sono decisa ad aprire il blog adesso, quindi prima non lo potevo fare. Secondo perché da pochissimo è invece uscito il primo libro di una nuova saga: Magnus Chase e gli dei di Asgard. Volevo proprio vedere come se la sarebbe cavata con un Olimpo diverso e per ora non sembra male. E si, Magnus è il cugino di Annabeth Chase. In quella famiglia c’hanno tutte le “fortune”. 

6 commenti:

  1. Ciao! Prima di tutto: sono vega di efp ;-)
    Ma che bello ritrovarti qui! A parlare di libri poi! :-)
    Mi hai convinto: metto Percy nella mia lista di libri da leggere.
    Il tuo ragionamento sull'"educazione alla lettura" mi ha fatto riflettere: io che ho una formazione umanistica invece mi sono sempre sentita un po' in colpa quando leggevo qualcosa di, diciamo, "non canonico". Mi sto emancipando sempre di più però ed è veramente liberatorio!
    P.S. Anche a mia madre dissero "tu sarai l'unica della tua classe che non finirà l'università"... E' stata quasi l'unica ad essersi laureata ;-)

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    1. Ciao cara, che bello sentirti! Sono proprio contenta che aver aperto il blog mi permetta di risentire "vecchi" contatti di efp. E sono contenta di averti convinta! La preparazione umanistica è una cosa che io invidio sempre agli altri, sebbene non riesca a rimpiangere le scelte che mi hanno portato dove sono adesso: vorrei aver fatto entrambe le cose, ecco. Ad ogni modo non mi sono fatta manncare nulla in termini di lettura, solo che l'ho fatto in modo sconclusionato, da autodidatta, e forse così mi sono persa qualcosa. D'altra parte, però, il non avere pregiudizi è spesso liberatorio, come dici tu. Un abbraccio!

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    2. Pensa che io invece rimpiango di non aver seguito il desiderio di approfondire le materie scientifiche studiate al liceo! Però almeno mi sono trovata il marito fisico che mi racconta gli esperimenti quando torna a casa da lavoro ;-)
      Un abbraccio anche a te!

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  2. OMG! Mel dei Gaia Junior! Penso di averlo letto una ventina di volte. Ah! Che ricordi! Ah! Che emozioni!
    Ammetto di non aver mai preso in considerazione Rick Riordan. Ora lo farò. :)

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    1. Non dirlo a me. A volte penso che Mitch Hamilton sia stato il mio primo sogno erotico.

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    2. Il mio primo no, ma sicuramente uno dei più longevi. La bibliotecaria mi diceva: "Ancora!" Hahahaha!

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