Ho voluto scrivere questo post per mettere subito in chiaro
una cosa: leggo di tutto. Non mi vergogno di niente, neanche di aver letto 100
colpi di spazzola prima di andare a dormire a suo tempo, che è qualcosa di
impresentabile, ma ho letto anche quello.
Un’altra informazione utile su di me: non ho una
preparazione umanistica o linguistica alle spalle. Non è una bella cosa: ho
avuto pessimi insegnanti alle medie che non sopportavano la mia mania di
leggere e scrivere (nei temi) quello che mi pareva e arrivarono addirittura a
sconsigliarmi il liceo perché “non avevo la disciplina”. Ironia della sorte, è
poi stato dimostrato che avevo abbastanza disciplina per portare avanti una
preparazione agonistica da squadra nazionale e l’università, rimanendo in pari
con gli esami, ma tant’è, ognuno ha diritto alle proprie convinzioni. Ho
frequentato un istituto tecnico e oggi sono una ricercatrice in microbiologia
molecolare, un mestiere che amo e di cui non mi pento. Ma amo anche i libri, il
mio primo amore, quello che non è mai finito (mi dispiace, marito, sei arrivato
dopo). E leggo ancora tantissimo, e quello che mi pare. Questo lo dico un po’
anche per giustificarmi del fatto che a volte sono un po’ ingenua, forse: non
sono stata formata ad apprezzare qualcosa “perché è un classico”, “perché è un
pilastro della letteratura” o “perché l’ha scritto Bulgakov” (NB: la
letteratura russa, in linea di massima, mi piace poco). Un libro mi piace o non
mi piace. Col tempo ho imparato, da autodidatta, ad apprezzare aspetti dello
stile, del ritmo narrativo, o a distinguere le costruzioni, e ho imparato anche
a sforzarmi di riconoscere un merito stilistico in un libro del quale non ho
amato la trama o altri aspetti, ma ciò che mi guida, ora come allora è
soprattutto l’istinto.
Passo da un harmony a Balzac senza battere ciglio, e a volte
mi ritrovo a parlare con quest’ultimo per dirgli che se anche lui si fosse
letto qualche Harmony magari i suoi libri sarebbero stati meno “pesanti”.
E mi sono letta tutti i libri di Percy Jackson. La prima e
la seconda pentalogia. E anche quelli di Carter Kane. E anche quelli crossover
tra Percy Jackson e Carter Kane (shippando spudoratamente Percy-Sadie, lo so, è
una vergogna). E adesso mi sono letta anche Magnus Chase e gli dei di Asgard.
Devo vergognarmi, alla mia veneranda età?
Non rispondetemi, tanto non me ne frega niente.
Per scandalizzarvi del tutto potrei anche dirvi che su Percy
e Annabeth ci ho scritto pure una fanfiction, prima che uscisse Blood of
Olympus. L’ho scritta in inglese però, ero in incognito. In effetti un pochino,
forse, mi vergognavo.
Veniamo al punto: qualunque sia l’età scritta sulla vostra
carta di identità, leggete i libri di Rick Riordan. Leggete Percy Jackson. E vi
spiego il perché.
Beh, per prima cosa, anche se ci vuole poco, sono meglio dei
film. Lo so, si dice sempre così, ma questa volta bisogna dire proprio che i
film erano sbagliati dall’inizio alla fine, dalla scelta degli attori (il tizio
di Grey’s Anatomy facevo Poseidone, e direi che abbiamo detto tutto) alla
regia, all’ambientazione… tutto. Scordatevi i film.
Mi sono sentita dire che Percy è una brutta copia di Harry
Potter. Ok, non so quali Harry Potter abbiate letto voi, ma forse non sono gli
stessi che ho letto io. Chiariamo una cosa: io amo Harry Potter e tutta la
combriccola ALLA FOLLIA, ma non è che adesso ogni protagonista teenager che ha
qualcosa di “magico” dev’essere una copia di Harry Potter. Ci sono paralleli,
come ce ne sono tra Hunger Games e tanti altri libri distopici, e tra mille
altri libri che sono diventati famosi pur riprendendo temi già visti, perché…
chissà perché, forse perché riuscivano a veicolare il messaggio in modo da
arrivare in modo diverso al cuore della gente. Non amo fare confronti spiccioli
tra le due saghe, sarebbe come confrontare l’amore che si prova per due
familiari, per due amici molto cari. Non posso mettere la saga di Rick Riordan
allo stesso livello di quella della Rowling, per il semplice fatto che Harry
Potter mi ha cresciuta, sul serio, mentre ho scoperto Percy Jackson in un
momento di noia durante la seconda maternità, quando ormai erano usciti sette o
otto dei dieci libri totali. L’esperienza che ho avuto con le due saghe è diversa,
ma mi sono affezionata a Percy nello stesso, affettuoso e delirante, modo in
cui mi sono affezionata a Harry. Ecco, l’ho ammesso. Non amo fare confronti
spiccioli, ma cercherò di farne di “intelligenti”, perché mi servono per
spiegarvi il mio punto di vista su questi libri.
I primi cinque libri (la serie Percy Jackson e gli Dei
dell’Olimpo) sono decisamente da bambini. Non ho intenzione di negarlo. E
allora? Harry Potter e la Pietra Filosofale non lo è? Leggo libri per bambini,
per ragazzini, per adolescenti… io sono una che quando è in crisi affettiva va
a rileggersi “Mel” dei vecchi Gaia Junior! In questi libri Riordan ha uno stile
un infantile, è vero, in certi momenti ho anche pensato che con materia prima
del genere (una figlia di Atena e un figlio del dio del mare) poteva fare di
meglio, sforzarsi di dare loro una verve un po’ superiore a quella di un
carciofino. Poi però mi sono resa conto che stavamo parlando di ragazzini di
dodici o tredici anni in media, e mi sono ricordata che i ragazzini a
quell’età, anche se si credono uomini duri, spesso HANNO la verve di un
carciofino, se visti con gli occhi di un trentenne… e tutto è tornato
magicamente al suo posto. Andava bene così. Il problema è, forse, che siamo
abituate a storie adolescenziali in cui i protagonisti sembrano avere
venticinque anni invece di quindici, e quando leggiamo qualcosa in cui un
tredicenne si comporta da tredicenne un po’ superficiale, imbarazzato con le
ragazze, relativamente imbecille (quale è, nel 90% dei casi) ci sembra quasi
strano.
Nella seconda serie (Eroi dell’Olimpo) Riordan, secondo me,
fa un salto di qualità: l’intreccio è più imprevedibile, i personaggi più
divertenti, un po’ perché sono cresciuti e un po’ perché forse l’autore li
gestisce meglio, e le relazioni tra personaggi più avvincenti. Se con la prima
serie mi divertivo semplicemente a leggere, qui ho iniziato spudoratamente a
fangirlare. Molte di noi libro-compulsive si riconosceranno in Annabeth, così
come si sono riconosciute in Hermione… ed eccolo qui! direte voi, un altro
parallelo con Harry Potter, l’amica sapientona del protagonista, che ormai
quasi quasi è un cliché. No, la somiglianza tra le due finisce lì,
nell’intelligenza e nell’amore per i libri. Trascorsi diversi, temperamento
diverso, sensibilità diversa, fragilità diversa, diverso rapporto con il
protagonista, con il quale la tensione sentimentale si coglie da subito, dal
primo libro della prima serie. Vi lascio uno spoiler, che tanto spoiler non è
se non vivete fuori dal mondo: Annabeth non sarà impacciata quando sarà il
momento di dare una svegliata a Percy, non terrà per sé i propri sentimenti,
non aspetterà il mezzo minuto prima dell’ultima battaglia per salvare il mondo.
E Percy… beh, vi sfido a non farvi incantare da Percy, da come cresce, da cosa
diventa, da cosa sceglie di sacrificare, da quanto sceglie di restare infantile
e ridicolo (nel senso di divertente) in piccoli aspetti del suo carattere per
bilanciare quelli nei quali ha dovuto crescere troppo in fretta. Ma adorerete
anche Leo e il suo sarcasmo, adorerete Jason e Piper e il rapporto di
quest’ultima con Annabeth, adorerete Hazel e il suo scurrile cavallo, e adorerete
Nico, anche se vi ostinerete a non farlo fino alla fine.
Non sono un’esperta di letteratura greca e romana, perciò
faccio fatica a valutare l’effettiva accuratezza con cui l’autore ha trattato
la mitologia, ma conosco i miti greci e non ho mai percepito “colossali americanate” (come il modo
barbaro in cui gli americani hanno riproposto l’Iliade nel film Troy, per
intenderci) leggendo i libri. L’ambientazione (vale a dire il manipolo di dei,
semidei e altri esseri che gravitano attorno ai protagonisti) è coinvolgente, “storicamente”
sensata, ma modernizzata in modo molto ironico. Ci sono aspetti dello stile di
Rick Riordan che mi piacciono davvero molto: la leggerezza è uno di questi, non
senti forzature, né nelle descrizioni, che sono sempre brevi ed efficaci, né nei
dialoghi che ho trovato anche molto realistici nei toni, considerando l’età dei
protagonisti. Un altro aspetto che amo
di questo autore è il modo che ha di prendersi in giro da solo mentre scrive, e
prendere in giro i propri personaggi anche tra una saga e l’altra, in modo più
o meno velato, offrendo una connessione tra i vari libri che esula dalla trama,
che fa scoppiare a ridere il lettore appassionato senza dover scrivere una battuta
esilarante.
Fa ridere. Un sacco. Ma non per questo è meno “educativo”
della più seria, più toccante, più emotivamente coinvolgente J.K Rowling. I
valori che Percy, Annabeth, Jason, Piper e tutta la combriccola perseguono e
incarnano sono i più puri che si possano trovare: il coraggio, la
responsabilità del potere, la necessità di unire la saggezza all’intelligenza, la
forza dei sentimenti puri, lo spirito di squadra… tutto questo è sbandierato in
modo semplice, diretto, ma allo stesso tempo in modo poco drammatico.
Non ho
mai pianto leggendo i libri di Rick Riordan: non so se sia un bene o un male.
Di
certo per me, che leggo tanti libri e che posso trovare altrove il
coinvolgimento emotivo che magari non ho trovato qui, è stata una bella novità,
un modo spensierato, divertente e affettivamente stimolante di trascorrere le
settimane successive al parto, quando di emotività in effetti sei un po’
rigurgitante. Non escludo che il periodo della vita in cui ho fatto questa
esperienza possa aver influenzato la mia percezione dell’esperienza stessa, in
effetti, ma il mio apprezzamento non è sfumato in seguito. Non ho approfittato
di una distrazione poi subito dimenticata: ho accolto nella mia vita un nuovo
amico, e chissà, magari dopo questa recensione qualcun altro avrà voglia di
aprirgli la porta e farsi due risate insieme a lui.
Perché ho scritto questo post adesso, visto che Blood of
Olympus, l’ultimo libro della seconda serie, è uscito ormai da un anno? Beh,
primo perché mi sono decisa ad aprire il blog adesso, quindi prima non lo
potevo fare. Secondo perché da pochissimo è invece uscito il primo libro di una
nuova saga: Magnus Chase e gli dei di Asgard. Volevo proprio vedere come se la
sarebbe cavata con un Olimpo diverso e per ora non sembra male. E si, Magnus è
il cugino di Annabeth Chase. In quella famiglia c’hanno tutte le “fortune”.