sabato 9 gennaio 2016

L'odiosa domanda

Beh, se siete qui a leggere posso supporre che, al 90%, sarete amanti dei libri quanto me (per il semplice fatto che non ho amici che NON leggono, perciò è una previsione che non richiede grosse doti di statistico). Di conseguenza, posso supporre che anche la maggior parte di voi, alla domanda “qual è il tuo libro preferito?”, cominci a contare da 100 all’incontrario saltando i numeri primi per racimolare un briciolo di pazienza.
Se tra i lettori c’è, per puro caso, un “ospite” che almeno una volta nella vita è stato così ingenuo da fare questa domanda a un vero lettore se lo lasci spiegare: non volete DAVVERO fare iniziare questa conversazione con un vero lettore. È semplicemente impossibile che voi abbiate abbastanza tempo di ascoltare l’eventuale risposta.


Anche le varianti della domanda non brillano: “Qual è il libro a cui sei più affezionata?” (mi innamoro di un libro, o di un suo personaggio, almeno quattro volte al mese), “Qual è il libro che secondo te una persona DEVE leggere?” (una persona DEVE leggere. Punto. Poi che legga quello che vuole, mica posso costringere qualcuno ad amare ciò che io amo), “Qual è un libro che ha fatto la storia secondo te?” (Bah.), “C’è un libro che ti ha cambiato la vita?” (può darsi, ma non credo che potrei identificarlo: sono la somma delle centinaia di libri che ho letto, così come ogni essere umano è la somma delle esperienze che ha fatto), “Quale libro mi consigli di leggere?” (i casi sono due: o ci conosciamo relativamente bene, e allora ti ho già coperto di titoli, o non ci conosciamo abbastanza perché io possa ipotizzare cosa potrebbe piacerti. Non ci sono vie di mezzo: un lettore condivide appena può, se non l’ha ancora fatto è perché non ti conosce abbastanza bene per rompere i coglioni impunemente).

Di recente però mi è stata posta “l’odiosa domanda” con sufficiente sforzo creativo da costringermi a premiare l’impavido.
“Immagina che un asteroide stia per colpire la terra e che tu sia tra i prescelti che devono riempire un caveau con i romanzi da salvare dal cataclisma. Ne puoi scegliere quattro o cinque. Quali scegli?”
Ok. Magari definirla “creatività” è un po’ eccessivo. Ma almeno, da non lettore, il povero piffero ha fatto lo sforzo di ricamare una pseudostoria attorno alla solita domanda, ecco. Sarei stata davvero poco gentile a non contraccambiare l’impegno.
Ovviamente ho proposto di riempire quel dannato caveau di e-reader pieni di e-book, ma l’interlocutore, ridendo, ha sostenuto che “l’onda elettromagnetica scatenata dall’impatto avrebbe distrutto i dispositivi elettronici”. E niente, ci voleva il cartaceo.
Ho subito giocato a rialzo puntando su “almeno sei o sette romanzi”, utilizzando edizioni super-economiche, stampate su carta da culo e poco ingombranti. Poi, finite le trattative, ho dovuto scegliere.
I primi titoli sono stati facili.
Le nebbie di Avalon” (Marion Zimmer Bradley), il mio libro-coperta di linus, che mi ha accompagnata in tutti i miei viaggi (prendendo spesso il posto di un utile paio di scarpe, prima dell’avvento degli e-reader). Non mi allontano per più di qualche giorno da questo libro. Ho dormito con lui sotto al cuscino nei momenti più difficili della mia vita. L’ho letto un numero di volte tale da essere imbarazzante e la mia copia è ormai ridotta ad un ammasso di carta informe mangiato dai cani, eppure ha un posto d’onore nella mia libreria, senza vergogna per il proprio aspetto.
American Gods” (Neil Gaiman), un libro che mi ha strappato un pezzo di anima e me l’ha restituita cambiata.
La gang dei sogni” (Luca di Fulvio), un amore più recente, più adulto, ma non per questo meno intenso. Non sopporterei che un libro del genere andasse perduto, sarebbe un crimine contro l’umanità.
Ed eravamo a tre e già mi sentivo male.
Mi sono sentita in dovere di pensare a qualcosa che potesse essere annoverato tra i “classici”. Ho ripensato all’infanzia, ai sogni ad occhi aperti, all’amore romantico: scegliere “Via col vento” o “I tre moschettieri”? Come paragonarli? E come lasciare fuori “Piccole donne” che mi aveva cresciuta? Mi sono ripetuta la domanda e ho pensato che avrei dovuto scegliere qualcosa che magari altri non avrebbero salvato, qualcosa che rappresentasse di più i miei gusti e ho sparato “Emma”, non il più famoso di Jane Austin, ma il mio preferito per l’ironia più marcata (e un protagonista maschile più figo) degli altri.
Poi… facciamo che Harry Potter lo salva qualcun altro, vero? No, perché già quelli sono sette e non vorrei davvero essere costretta a sceglierne uno (Anche se ho un debole per l’Ordine della Fenice, come molti).
Eravamo a quattro.
“Dio di Illusioni” (Donna Tartt). Uno sparo istintivo, che non saprei giustificare.
E cinque.
Il giardino segreto”. Non ha senso un’infanzia senza leggerlo.
Sei. Mi restava un ultimo colpo. Chi scegliere?
Anne Rice? (Intervista col vampiro mi aveva stregata, a suo tempo)
Terry Pretchett? (ma come sceglierne solo uno?)
Virginia de Winter? (un pezzo di cuore)
David Leavitt?
Niente, contro il buonsenso che mi diceva di non scegliere due libri dello stesso autore, ho seguito il cuore e l’istinto e puntato il dito su “L’erede di Hastur” (Marion Zimmer Bradley). Perché Darkover è la saga che mi ha iniziata al fantasy, una saga al pari di cui ancora oggi fatico a trovare qualcosa, una storia che si dipana su tanti secoli, con eleganza e originalità, intensa e ricca. È una saga che forse a pochi verrebbe in mente di salvare: la Bradley è morta da diversi anni, la storia è stata continuata da altre autrici (con risultati passabili, ma di livello inferiore), alcuni dei libri non vengono ristampati da parecchio e forse ci sono tanti che non sanno nemmeno di cosa sto parlando. Ma alla luce rossa del sole di Darkover alcuni hanno sognato come me: pietre dai bagliori azzurri, fermagli a forma di farfalla, ciocche di capelli rossi, gioielli di rame.
A loro: S’dia shaya, vai domyn.
A tutti gli altri: buonanotte.


PS. Alla fine del colloquio io avevo sudato sette camicie, e l’impavido ha ammesso di non conoscere nessuno dei titoli nominati, a parte “Il giardino segreto”. A sua difesa, si è segnato un paio di titoli sull’agenda. Chissà.

4 commenti:

  1. Tu mi vuoi male. Io sto cercando di scrivere una tesi e da quando seguo il tuo blog ho una lista di libri da leggere che non finisce più! ;-)
    Tranquilla, gli Harry Potter li salvo io!
    Ma il primo di Outlander dove lo mettiamo? E' un problema...

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    1. Jamie si salva sempre volentieri. Ribadisco che sceglierne sette era comunque un crimine. E per leggere c'è sempre tempo, anche durante la tesi! Ciao!

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  2. La valanga di libri che ti vengono in mente, come un nugolo impazzito di meraviglie denota come nella realtà sia impossibile legarsi ad un unico esemplare. In verità ogni libro che leggiamo ci regala qualcosa che rimane nel nostro spirito, facendolo crescere. In verità la nostra vita accompagnata da innumerevoli pagine ricche di emozioni si impreziosisce e ci aiuta ad essere migliori e più consapevoli. In verità noi siamo anche il prodotto di ciò che decidiamo di ingurgitare nella nostra anima attraverso le parole di un artista. In verità trovo che il tuo esempio sia fondamentale: quando ti sento parlare è come se tu ribaltassi tutta una serie di meraviglie e di sentimenti grandi che vuoi trasmettere agli altri, e lo trovo sempre bellissimo.

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    1. Un modo molto carino ed elegante per dirmi che tutte le volte che parliamo ti vomito addosso tutto ciò che ho letto ultimamente....

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